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Volti dall’aldilà: le maschere mortuarie, da Tutankamon a Napoleone

Realizzare un calco del volto di un defunto, per conservarne le fattezze o per rendere più sontuoso il funerale: è il principio alla base della realizzazione di maschere mortuarie molte delle quali, viste con la sensibilità moderna, appaiono come straordinari capolavori d'arte.

La maschera più celebre è quella del Tutankamon, rinvenuta nel 1922 nella Valle dei Re, in Egitto: la tomba praticamente intatta del faraone-bambino è probabilmente la più famosa nella storia dell'egittologia. La maschera del faraone, in oro massiccio, pesa circa 10 chilogrammi, ed è decorata con lapislazzuli e paste vetrificate.

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Le maschere mortuarie, in origine, furono concepite per onorare la memoria di defunti illustri

Un'altra scoperta straordinaria avvenne nel 1876, ad opera dell'archeologo Heinrich Schliemann. A Micene scoprì sei tombe, che ritenne appartenessero ad eroi dell'antica Grecia, primo fra tutti il re Agamennone . Alcuni teschi erano coperti da maschere in lamina d'oro, che riproducevano le fattezze dei defunti.

Si crede che anche i Romani preparassero delle maschere di cera del volto dei defunti, che poi usavano per creare dei calchi. Si ritiene che fosse un modo per conservare la memoria degli antenati, ma anche uno strumento utile agli scultori per creare statue dal notevole realismo.

A partire dal medioevo, le maschere mortuarie in cera o gesso divennero uno strumento per tramandare le fattezze di personaggi celebri: i calchi che se ne ottenevano venivano esposti nei palazzi, nelle università, nelle biblioteche e nei musei. Tra le altre sono giunte a noi le maschere mortuarie di Enrico VIII, Dante Alighieri, Filippo Brunelleschi, Torquato Tasso, Voltaire e Blaise Pascal . Al castello di Warwick, in Inghilterra, si trova la maschera di Oliver Cromwell , mentre quella di Napoleone è esposta al British Museum di Londra.

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Nel tempo le maschere divennero un sistema per conservare gli esatti lineamenti del defunto

Nel diciottesimo secolo prese piede l'uso di eseguire maschere facciali di persone vive, per esaminare le differenze fisiognomiche di persone illustri e di noti criminali, oppure per mettere in evidenza le differenze razziali. La fisiognomica è una disciplina priva di fondamento scientifico, in base alla quale dai lineamenti di un volto si possono dedurre I caratteri psicologici e morali di una persona.

Un altro uso delle maschere mortuarie fu in ambito forense. Prima della diffusione della fotografia, si prelevavano le maschere di defunti sconosciuti, in modo da ottenerne calchi da far esaminare ai parenti di persone scomparse.
La più nota di queste maschere è quella della sconosciuta della Senna: una giovane donna rinvenuta annegata a Parigi alla fine degli anni 1880. Si racconta che un dipendente dell'obitorio, colpito dalla sua bellezza, fece una maschera mortuaria da cui, negli anni seguenti, furono ricavati numerosi calchi.

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In ultimo, prima dell'avvento delle fotografie, le maschere (anche di persone vive) furono usate per studi di fisiognomica

La morte per annegamento è però probabilmente solo una leggenda: la permanenza in acqua deforma i tratti del volto. E' perciò possibile che la giovane fosse morta di tubercolosi.
Sulla sua vicenda, comunque, le ipotesi si sprecarono. La Monna Lisa della Senna ispirò numerosi letterati, e c'è chi la definì "ideale erotico" dell'epoca.
Quando nel 1960 venne prodotto Resusci Anne, il primo manichino per il training sulla rianimazione cardiopolmonare, al suo volto furono dati i tratti della "sconosciuta della Senna". Per la simulazione della respirazione bocca a bocca, il volto della "sconosciuta" è anche soprannominato "il volto più baciato di tutti i tempi".