Onoranze Funebri Torino Giubileo

Biblioteca

Costumi e curiosità
BACHECA

Il veleno dei 600 mariti

Acqua tofana , cioè il più infallibile dei veleni : nel Seicento era una sorta di arma segreta , soprattutto a disposizione delle donne che volevano liberarsi da consorti ingombranti. Un veleno infallibile e che non lascia tracce, soluzione ideale per un delitto perfetto .

Ma chi inventò l'acqua tofana, e quali erano i suoi ingredienti ? Per avere la risposta bisogna partire dal 1633: a Palermo Thofania d'Adamo viene giustiziata, con l'imputazione di aver avvelenato il marito e altre persone.

Ma la storia non si esaurisce qui, perché entra in scena la palermitana Giulia Tofana : cortigiana e fattucchiera, nel 1640 perfezionò punto il veleno che da lei prese il nome. A seconda delle testimonianze Giulia sarebbe la figlia oppure la nipote di Thofania: sta di fatto che fece proprio il prodotto di famiglia, iniziò a produrlo in dosi abbondanti e a commercializzarlo.

Per colpa di una cliente frettolosa, che aveva adoperato la dose di veleno tutta insieme invece di diluirla nel tempo, Giulia fu costretta ad abbandonare in fretta e furia la Sicilia. Passò per Napoli e poi si stabilì a Roma, riprendendo il suo letale e fiorente commercio.

A tradirla fu nuovamente una cliente maldestra: la contessa di Ceri che, per far prima, fece tracannare al marito tutto il veleno della boccetta, anziché propinarglielo una goccia alla volta.

Le indagini condussero a Giulia, che fu imprigionata e torturata. Ammise che, nell'arco della sua "carriera" e soprattutto durante il periodo della peste (che rendeva ancora più difficile riconoscere gli avvelenamenti) aveva venduto il necessario per avvelenare circa 600 uomini .

Una boccetta di acqua tofana con l'immagine di San Nicola di Bari

Il 6 luglio 1659 salì sul rogo al Campo de' Fiori, insieme alla figlia (oppure nipote) Gerolama e ad altre tre donne accusate d'aver assassinato i propri consorti.

La ricetta dell'acqua tofana non morì con lei. Gli ingredienti sono noti, anche se non si conoscono le relative dosi: sono anidride arseniosa, limatura di piombo e di antimonio, succo di belladonna, il tutto allungato con acqua. Ne derivava una soluzione incolore, insapore e inodore, che andava somministrata un po' alla volta. Causava vomito, febbre e poi la morte, ma la vittima conservava fino alla fine un colorito roseo, senza dare sintomi di avvelenamento.

L'acqua tofana veniva venduta in fiale di vetro, oppure in bottigliette con l'immagine di San Nicola di Bari: per questo era anche nota come manna di San Nicola .

Il tossico di origine palermitana fu protagonista dell' affare dei veleni , che scoppiò a Parigi: tra il 1666 e il 1676 Marie-Madaleine d'Aubray , marchesa di Brinvilliers, per impadronirsi dell'eredità avvelenò suo padre, i due suoi fratelli e sua sorella prima di essere arrestata e giustiziata.

La tortura della serial killer Marie-Madeleine d'Aubray

Nel 1677 si venne a sapere che la chiromante Marie Bosse , ubriaca a una festa, s'era vantata di produrre veleni. La moglie di una guardia la contattò fingendo di voler assassinare il marito, e la Bosse cadde nel tranello. A sua volta denunciò la fattucchiera e avventuriera Catherine "Le Voisin" Dehayes : l'inchiesta si allargò, coinvolgendo anche nomi dell'alta nobiltà. Re Luigi XIV fu costretto a istituire la Camera ardente , un tribunale speciale dotato di poteri straordinari per giudicare reati eccezionali: la sala di riunione deve il nome che anche di giorno era illuminata da fiaccole, da cui il nome. Fu scoperchiato un mondo torbido, con messe nere, sortilegi, omicidi di bambini.

Catherine Deshayes, una delle protagoniste dell'"affare dei veleni"

Il tribunale emise 36 condanne a morte, 5 ergastoli, 23 esili, numerose incarcerazioni. Marie Bosse e "Le Voisin" morirono sul rogo.

In epoche successive si sospettò che l'acqua tofana continuasse a essere impiegata. Tra le vittime eccellenti si sospettò esserci il compositore Wolfgang Amadeus Mozart e papa Benedetto XIII .