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Il Crociato incrociato

Chi visita chiese antiche oppure musei, in Italia o all'estero, forse sarà rimasto colpito dalle lapidi funerarie di cavalieri, sovrani, nobili o ecclesiastici.

Cavalieri e sovrani spesso vengono ritratti con la loro armatura. Ma a un osservatore attento un particolare non sarà sfuggito: perché qualcuno e scolpito con le gambe incrociate , e qualcun altro no?

La domanda è tutt'altro che banale e, a lungo, ha avuto una risposta che in tempi recenti è stata smentita.

Cavaliere con gambe incrociate e capo appoggiato all'elmo (Napoli)

La "croce" con le gambe, infatti, dovrebbe significare che il cavaliere in questione avesse partecipato alle Crociate , vale a dire alle guerre religiose promosse dalla Chiesa cattolica tra l'XI e il XIII per restituire alla cristianità i luoghi santi della Palestina.

Addirittura dalla posizione delle gambe si dovrebbe capire quante volte il cavaliere si è recato in Terra Santa: in particolare se le gambe sono incrociate alla caviglia ha fatto un viaggio, due se al ginocchio e tre se all'altezza delle cosce.

Nel 1598, nel suo "Survey of London", lo storico John Stow scrisse che i cavalieri con le gambe incrociate avevano fatto il voto di combattere in Terra Santa, a differenza da quelli rappresentati con le gambe diritte. Secondo lui immagini di questo genere si sarebbero dovute trovare solo per persone morte tra il 1095, quando papa Urbano II ne parlò durante un'omelia tenuta al concilio di Clermont, e il 1314 quando, con la morte sul rogo del gran maestro Jacques de Molay, l' ordine dei cavalieri Templari venne definitivamente soppresso.

Questa tesi venne poi ripresa da studiosi del XVII secolo, che la diffusero anche a livello popolare: un'immagine così romantica, cui allusero nei loro scritti anche autori del calibro di Wordsworth, Dickens e Tennyson.

Cavaliere con gambe incrociate e capo appoggiato a una mano (Napoli)

Ancora oggi non è perciò ritrovarla sia su testi di divulgazione sia, soprattutto, in rete. Non potevano mancare le aggiunte : gambe incrociate in una persona ritratta in abiti civili stavano a significare che aveva effettuato delle donazioni di denaro a sostegno delle Crociate. E ancora, per i cavalieri, altri dettagli sarebbero emersi dalla posizione della spada : mani in posizione di preghiera, con la spada nel fodero, avrebbero significato una morte pacifica, tra le mura della propria casa; mano che estrae la spada segnala la morte in battaglia, mentre l'atto di rinfoderare la spada (e capire la differenza tra l'uno e l'altro non è così immediato…) per chi è morto lungo la strada del ritorno.

Qual è allora la verità ? Che una spiegazione delle differenti posizioni non esiste. O, se si preferisce, è da condurre alle personali preferenze dello scultore o ai gusti stilistici dell'epoca in cui la lastra tombale venne realizzata. In tema di lastre tombali di cavalieri, merita un'appendice quella del cavaliere italiano Guidarello Guidarelli (1450-1501), oggi conservata nella Loggetta Lombardesca al Museo d'arte di Ravenna.

Secondo la leggenda popolare, le donne che baceranno le sue labbra si sposeranno entro l'anno. Una tradizione che nel tempo s'era diffusa in tutto il mondo, tanto che c'era la fila per baciare Guidarello . Da tempo ciò non è più possibile, per evitare che lo sfregamento e la presenza di rossetti danneggino irreparabilmente il marmo.

La famosissima lastra tombale del cavaliere ravennate Guidarello Guidarelli

Però questa storia va raccontata bene. Negli anni Trenta la statua del cavaliere era stata mandata a Parigi per una mostra sull' arte rinascimentale italiana al Petit Palais. Quando fu riportata a Ravenna, si notarono alcuni difetti che non aveva alla sua partenza. Si trovò una crepa superficiale sul piede destro della scultura, che oltretutto sembrava sporca e imbrattata, come se ne avessero fatto un calco e non fosse stata ripulita a dovere.

«L'Accademia di Belle Arti di Ravenna decise allora di non prestare più la lastra tombale in occasione di mostre e non la fece partire per l'esposizione già fissata a Budapest - si legge sul sito del Comune myRavenna - Ne seguirono molte polemiche e, nel tentativo di metterle a tacere, si disse che il Guidarello era tornato sporco del rossetto delle tante parigine che avevano voluto sfiorare le sue labbra. Questa storiella, inventata dall'allora direttore dell'Accademia Vittorio Guaccimanni , fu resa più accattivante dai giornalisti di allora, che misero in circolo la diceria che sarebbero andate in sposa entro l'anno coloro che avrebbero baciato il bel Guidarello. La leggenda prese a circolare ancora di più negli anni Cinquanta e Sessanta, grazie all'enfasi romantica di articoli usciti su riviste come "Oggi", "Epoca", "Confidenze", "Il Tempo"».