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Il lutto, i “millenials” e l’era di Internet

In che modo la rete e i social network cambieranno la gestione del lutto? Se lo è domandato di recente il New York Times, che ha raccontato diverse iniziative per la condivisione della più drammatica tra le esperienze umane.

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Social network e globalizzazione stanno cambiando l'approccio al lutto

Lo spunto è dato dal racconto di una imprenditrice funebre: invece di presentarsi di persona, un ragazzo ventenne ha chiesto che le fosse inviata per telefonino una fotografia, in modo da identificare il cadavere della madre. Prima di accettare, l’imprenditrice ha inviato un’autorizzazione da firmare, con la quale il figlio accettava il “disagio emotivo” che ha foto avrebbe potuto causargli.
«Le norme sociali riguardo il lutto ai tempi di Internet sono evidentemente in evoluzione - scrive il New York Times - Ma i Millennials (cioè i nati tra la metà degli anni Ottanta e i primi anni Duemila, ndr) hanno iniziato a proiettare la loro sensibilità intorno a rituali e discussioni riguardo la morte». A ciò si aggiunga la risonanza globale che hanno i decessi di persone note, che grazie ai mass media “coinvolgono” persone in tutto il mondo (ne è stato un esempio la morte della principessa Diana).

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A Londra placche di bronzo indicano il "cammino di lady Diana"

Ne consegue che sempre più spesso un sentimento decisamente problematico qual è il lutto viene condiviso attraverso blog, social network, filmati su YouTube e foto su Instagram. L’esempio più recente è il “selfie al funerale”: un autoscatto in cui compare anche la bara, da postare in rete. Molto spesso le foto sono scattate da ragazzi giovanissimi, in un contesto in cui l’ultima cosa cui verrebbe da pensare sarebbe quella di farsi una foto-ricordo. E, pure, la moda ha illustri epigoni: ha fatto il giro del mondo il “selfie” di Barack Obama, il premier britannico David Cameron e la danese Thorning Schmidt al Memorial in ricordo di Nelson Mandela. Uno scatto che è stato duramente criticato, e bollato come “irrispettoso” dai mass-media.

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La copertina del "Sun" dedicata al "selfie" di Obama

In parallelo, esistono su Internet molti siti e blog destinati a chi vuole condividere il proprio lutto. Nel novembre 2013, due donne americane hanno fondato il sito “Modern Loss” che, nella home page, così si presenta: “Condividi la tua storia. Il lutto colpisce: raccontaci come ce l’hai fatta a superarlo (e noi pubblicheremo la tua storia)”. Tra le più recenti, il racconto della moglie di un istruttore subacqueo che muore a causa di un incidente in una immersione: è lo spunto per scoprire che il marito era stato in realtà un adultero seriale, per tutto il periodo della loro relazione. Due lutti che si sommano, dunque, con la vedova che a un certo punto scrive “Mi piacerebbe che potesse resuscitare, per poterlo prendere a pugni in faccia”.
A decidere le due fondatrici di Modern Loss ad aprire il sito è stata la constatazione che nei gruppi di supporto al lutto ci sono pochissime persone giovani. Di qui la necessità di aprire uno spazio in rete in cui esprimere non solo le cose belle, ma anche le esperienze dolorose.
Nel 2013 Google ha anche sollevato un problema: che cosa fare dell’account di una persona morta? La questione è stata affrontata in un modo non così esplicito, introducendo l’opzione “Gestione account inattivo” che fa riferimento alle “molte situazioni che potrebbero impedire di accedere o di utilizzare l’account” (e la morte è indubbiamente una di esse). È perciò ora possibile impostare una scadenza di 3, 6, 9 o 12 mesi di inattività: un mese prima della scadenza Google invierà un avviso e, in assenza di risposta, provvederà a cancellare il proprietario da tutti i servizi a cui risultava iscritto (insieme a tutti i dati). In alternativa si può richiedere che la notifica di scadenza venga inviata a uno o più contatti fidati, autorizzati ad avere accesso ai dati e con la facoltà di decidere che cosa farne.
La presa di posizione di Google interviene su un dibattito che è aperto da tempo. Da un lato c’è chi richiede dei meccanismi (delle leggi, per esempio), in base ai quali i dati online vengano cancellati quando il titolare muore. Dall’altra, chi sostiene che una eventuale cancellazione debba essere effettuata da parenti o conoscenti del defunto, in base alle sue volontà (magari espresse nel testamento).