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Tradizioni funerarie italiane
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Halloween? È cosa nostra...

È sufficiente entrare in un supermercato per capire che tutto si sta preparando per una delle grandi feste commerciali dell'anno, quella di Halloween .

È un' americanata , perché di lì arrivano la sfida "dolcetto o scherzetto?" e le varie feste in costume più o meno orrorifico.

Zucche di Halloween in un supermercato

La ricorrenza originaria, quella con cui l'Halloween attuale ha reciso ogni legame, risale però all'epoca dei Celti . Halloween, il 31 ottobre, era l'ultimo giorno dell'anno, mentre il 1° novembre, Samain , equivaleva al Capodanno. Si riteneva che in quel periodo dell'anno la distanza tra il mondo dei vivi e quello dei morti si riducesse, e di conseguenza fosse possibile una sorta di comunicazione. I celti festeggiavano e banchettavano nei cimiteri, nella certezza che intorno a loro ci fossero gli spiriti degli antenati defunti .

Anche questa, come molte altre ricorrenze, venne fatta propria dal cristianesimo, che trasformò il 1° novembre nella ricorrenza di Tutti i Santi e il giorno successivo nella Commemorazione dei Defunti .

Questi due giorni così importanti nell'anno liturgico in Italia hanno dato vita a numerose tradizioni, con significative peculiarità nelle varie Regioni.

Concentriamo l'attenzione sul Piemonte . Il 1° novembre segnava l'arrivo del gran freddo (erano altri tempi...), il vero primo giorno d'inverno tant'è vero che si diceva "Për Tuti ij Sant maniòt e guant" (Per Tutti i Santi manicotti e guanti).

Ironica interpretazione della zucca di Halloween

In Piemonte era ben consolidata l'idea del ritorno delle anime , ognuna alla casa dov'era vissuta. Di conseguenza, dall'imbrunire del 31 ottobre alla mattina del 1° novembre, e poi dalla sera del 1° all'alba del 2 novembre non era consigliabile uscire di casa. C'era infatti il rischio di imbattersi nel corteo delle anime , ognuna con un berretto in testa e un cero acceso in mano, che dapprima uscivano e poi tornavano al cimitero.

Occorreva preparare le case per accoglierle. La famiglia si riuniva per recitare il Rosario in suffragio dei defunti, poi ci si coricava presto. La tavola restava imbandita: in un piatto le caldarroste, e poi bicchieri e vino. La presenza delle castagne non è casuale: fin dal Medioevo erano considerate cibo per i morti, così come le fave e i ceci.

Al mattino ci si alzava presto e si rassettavano subito i letti, in modo da metterli a disposizione delle anime. Allo stesso modo al pomeriggio si evitava di andare a fare un pisolino, per non correre il rischio di trovarsi faccia a faccia con un defunto.

Era anche vietato scopare oltre la porta, per evitare di allontanare dalla casa qualche anima invisibile.

A proposito di quella che era conosciuta come notte delle anime circolavano anche alcune leggende . Un filone era quello di chi si faceva sorprendere per strada a ora tarda e incontrava un fantasma, in genere di un suo parente. L'altro era quello dei giovani che, per scommessa, accettavano di dimostrare il loro coraggio andando a mezzanotte alla porta del cimitero . Bisognava però in qualche modo lasciare una traccia del passaggio: nella versione al maschile occorreva piantare un chiodo sulla porta, in quella femminile un fuso. Ma il chiodo fissava un lembo del tabarro, il pesante mantello invernale, e il fuso si impigliava nella gonna. All'atto di andarsene malcapitato si sentiva tirare, e moriva sul posto per la paura. Mai andare in giro, nella notte delle anime...