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La morte? È nelle fiabe

Ha fatto scalpore l'annuncio del museo della diocesi di Bamberg , in Germania, a proposito del ritrovamento della lapide di Maria Sophia von Erthal , baronessa vissuta nel '700 che avrebbe suggerito ai fratelli Grimm la fiaba di Biancaneve e i sette nani .

Secondo le cronache locali la ragazza era di insolita bellezza : ma, a differenza dalla fiaba, ciò non le valse l'amore di un principe né l'"happy end" e vissero felici e contenti .

Ebbe infatti a soffrire per le angherie di una matrigna crudele e morì nel 1796, sola e cieca, lontana dalla sua città natale. Gli elementi che si incontrano nella storia di Biancaneve ci sono tutti: Maria Sophia sarebbe cresciuta in un castello a Lohr am Main, circa 100 chilometri a ovest di Bamberg; sua madre morì quando lei era ancora adolescente; il padre si risposò con Claudia Elisabeth Maria von Venningen, donna autoritaria che escluse Maria Sophia dall'asse ereditario. Il padre inoltre possedeva una fabbrica di specchi , e nei pressi di Lohr am Main c'erano numerose miniere, nelle quali lavoravano in particolare uomini di bassa statura.

Biancaneve sembra soccombere ai malvagi attacchi della regina cattiva

Jacob e Wilhelm Grimm pubblicarono la loro fiaba nel 1812: non è perciò escluso che avessero saputo della triste storia della povera ragazza tedesca.

L'accenno a Biancaneve fa da spunto per accennare come molte fiabe classiche affrontino senza problema il tema della morte . Spesso il protagonista positivo muore (o sembra morire), ma poi risorge. A morire, ma non sempre, è invece l'antagonista.

Consideriamo il caso di Biancaneve. La matrigna addirittura la vuole fare assassinare : ma il cacciatore incaricato del terribile gesto si impietosisce, e invece del cuore della ragazza porta alla regina cattiva il cuore di un animale.

Il bacio di un principe salva la Bella addormentata

Biancaneve si rifugia nella casa dei sette nani, e qui per tre volte viene aggredita dalla matrigna: prima tenta di soffocarla stringendole in vita una cintura fino a farle perdere il respiro, poi le dona un pettine avvelenato e infine la terribile mela. Per fortuna interviene il principe, che col suo bacio rompe l'incantesimo.

C'è un bacio risolutivo anche nella fiaba della Bella addormentata nel bosco , di cui esistono numerose versioni: tra esse la più celebre è quella di Charles Perrault (1697).

Tra le fate che il re invita al castello per offrire dei doni alla principessina sua figlia ce n'è una malvagia, che pronuncia una tragica sentenza: a sedici anni ti pungerai con un fuso e morirai.

Per fortuna ancora una fata buona, non potendo annullare l'incantesimo della rivale, lo mitiga: la condanna a morte viene trasformata in un sonno lungo 100 anni , che verrà interrotto dal sonno di un principe . E così accade.

Anche di Cappuccetto Rosso esistono più varianti: quella di Perrault "finisce male", con la morte della protagonista e della nonna, mentre i fratelli Grimm fanno intervenire il cacciatore che salva nonna e nipote e ottiene in premio la pelliccia del lupo.

L'imprudente Cappuccetto Rosso "muore" nella pancia di un lupo

L'operazione di "salvataggio" è decisamente cruenta, ma evidentemente i narratori di ogni epoca non hanno mai insistito molto su questo aspetto (che peraltro un bambino fatica a immaginare).

Ciò che conta, ed è il denominatore comune delle fiabe citate e di altre ancora, è il processo evolutivo in cui il protagonista affronta e supera difficoltà enormi . Morale della favola? Anche nelle situazioni più difficili la vita può essere cambiata , a patto di trovare dentro di sé i mezzi necessari per farlo.