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Su Facebook il cimitero è racconto

Si intitola E serbi un sasso il nome : è una pagina Facebook molto seguita da cui, a breve, scaturirà un libro edito da Pentagora , casa editrice savonese diretta da Massimo Angelini .

«In ogni nostro viaggio non perdiamo occasione di fare una visita anche al cimitero del luogo in cui ci troviamo – spiegano gli autori Massimo Tafi ed Elisabetta Cacioppo , che cura anche la documentazione fotografica - Se una tomba ci colpisce la nostra ricerca parte, convinti come siamo che anche la vita più umile e dimenticata vada ricordata perché ha contribuito a comporre nel suo piccolo il puzzle della grande storia: quella che si legge nei libri. Dal nostro lavoro di ricostruzione , svolto negli archivi civili e delle parrocchie, nelle biblioteche e nelle emeroteche, nascono i racconti di questa pagina, illustrati dalle nostre fotografie».

E serbi un sasso il nome, la pagina Facebook che esplora i cimiteri

Il lavoro dei due autori suscita molto interesse, come dimostra l'interazione con i lettori della pagina FB: «Si stanno muovendo così tante cose intorno alla nostra pagina, che ormai non abbiamo neppure più paura di passare per pazzi nel raccontare che, a una giornata in spiaggia, preferiamo andare per cimiteri perché ci interessa di più».

Molte persone hanno difficoltà ad entrare nei cimiteri, luoghi associati alla morte e al dolore: «Non bisogna avere paura dei cimiteri – rispondono Elisabetta Cacioppo e Massimo Tafi - Sono lo specchio della città dei vivi, archivio della nostra memoria, spesso musei a cielo aperto. Sono luoghi di vita e di poesia».

Della pagina FB colpisce innanzitutto la varietà , perché i due ricercatori spaziano tra celebrità e personaggi quasi sconosciuti. Per esempio propongono la lapide di Maria Maggi de Magistris , sotto la quale in gran segreto venne sepolta Evita , moglie del dittatore argentino Peròn : «Un sasso serba ancora il suo nome, anche se il corpo, dal 1971, non riposa più al Cimitero Maggiore di Milano. Quel sasso per poco più di tredici anni ha custodito il corpo di Maria Maggi de Magistris, fino a che suo fratello ne ha chiesto lo spostamento in Spagna, a Madrid. Ma la signora Maggi de Magistris, morta nel 1952, non è mai esistita.

Se quella signora Maggi de Magistris fosse esistita, ieri avrebbe compiuto 100 anni. Proprio come Evita Peron, il cui corpo fu trafugato nel 1955 e vagò per due anni in attesa di trovare una sistemazione lontana dalla sua terra. Una sistemazione che separò per poco più di 13 anni con un oceano, quel corpo sotto falso nome, dal populismo, dall'idolatria e dalla dittatura».

La lapide che a Milano celò la sepoltura di Evita Peron

Gli autori dimostrano una grande sensibilità nelle loro scelte, fino al punto di dedicare spazio a totali sconosciuti : «Senza nome rimarrà la mia storia ma non per questo non avrò vissuto. La mia vita è confinata per sempre in un tempo segreto dove solo la sua fine ha data certa, in un angolo di cimitero riservato agli islamici, riconosciuto per concessione e non come naturale diritto. Però, fino a quel 24 luglio del 2009, io ho vissuto. Ho vissuto proprio come voi: affetti, speranze e paure. Ho riso e ho pianto. Ho sognato. Ho avuto una famiglia e degli amici che forse ancora si interrogano sulla mia sorte.

So cosa vuol dire avere il sole negli occhi, la salsedine sulle labbra, il caldo sulla pelle e il freddo nelle ossa.

Conosco il giallo del deserto, il blu del cielo, il suono del vento, delle onde e dell'abbaiare di un cane.

Conosco il gusto del pane e il tormento nel non averlo. Conosco la fame e la delusione. Conosco la voglia di cambiare e l'angoscia di non farcela. Conosco cosa vuol dire morire solo.

Ricordo di uno sconosciuto

E se il mio corpo orientato verso la Mecca ha per voi un genere che mi definisce "Uomo", ciò non basta a levarmi il marchio non scritto sulla pietra, di “clandestino”. Clandestino rispetto a voi, solo perché - uomo come voi - sono nato in una parte sbagliata del mondo».